Il trigger (grilletto, causa scatenante), guidato da spunti interni ed esterni, informa l’utente di ciò che avverrà. Se l’azione non si attua il trigger è inutile. Poter attuare un’azione deve risultare più semplice e veloce del pensiero stesso. L’abitudine è un comportamento semi-inconscio. Lo sforzo maggiore, piuttosto che fisico o mentale diviene il “desiderare”. Il Fogg Model è rappresentato dalla formula B=MAT dove B è un comportamento che si verifica quando motivazione, abilità e frigger (innesco) sono presenti nello stesso momento e con sufficiente grado.
Mentre il “trigger” punta ad un azione la motivazione definisce il livello di desiderio per attuarla. La fase di azione si basa su sei elementi che devono essere considerati dal designer in fase di progettazione:
-Tempo: quanto ci vuole per completare un’azione
-Soldi: il costo fisico del’azione
-Sforzo fisico:La quantità di sforzo per attuare un’azione
-Circolo mentale: il livello di sforzo mentale richiesto per focalizzare un’azione
-Social: come gli altri accetterebbero quell’azionane?
-Routine: quanto l’azione combacia o distrugge la routine
Rendi semplice l'azione
Prendete ad esempio in considerazione a registrazione di un’utente. Vengono richieste tutta una serie di informazioni: nome, cognome, telefono ,email etc. Completare il suddetto form richiede una serie di azioni che sommate creano uno sforzo cognitivo/riflessivo non indifferente. L’introduzione degli open id introdotte da Facebook, google, etc. ha permesso all’utente di eseguire tutta la fase di registrazione cliccando solo su un icona (es: icona di Facebook) e vengono condivise le informazioni dell’utente con la nuova piattaforma. Semplice no?
Un’altro esempio di questo tipo risale a molti anni fa quando yahoo ere il motore di ricerca più
utilizzato (nato nel 1994). Se ricordate l’homepage era piena di sezioni (travel, chat , mail etc,) e contenuti, news, like, pubblicità ed un piccolo campo di ricerca.
Google fin dalla sua nascita (1998) si è presentato come un motore di ricerca semplice pulito, focalizzato al cercare e trovare risultati rilevanti. Un logo ed un campo di testo. Google ha ridotto drasticamente la quantità di tempo e di sforzo a livello cognitivo per focalizzarsi su ciò
che realmente vuole l’utente (motivazione)
Abbiamo visto come il motore di motivazione dei 6 elementi aumenti le probabilitàche accada un comportamento.
Il potere di saper motivare
Le tessere a punti sono spesso usate da store e negozi per incoraggiare i clienti ad essere assidui. Queste card sono sostanzialmente “vuote” e quando il cliente inizia la raccolta ha un punteggio pari a 0. Ogni acquisto permette di incrementare il punteggio. Sappiamo bene che moltissime persone vengono non solo fidelizzare da queste card ma sono anche più motivate , vincere il premio è uno stimolo non indifferente e far crescere in punteggio ci rende anche un po “collezionisti”. Altro esempio è linkedin. Quando effettuiamo la registrazione al servizio apparirà molto spesso la dicitura “Improve your profile strenght” Attraverso una “barra di completamento” l’utente vede “crescere” la motivazione e la “forza” del proprio profilo. Ogni volta che uno step è stato completato la barra cresce. Progettiamo le nostre “azioni” nella maniera più semplice possibile anticipando all'utente il premio.
Dal libro hooked